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“Quel momento che non sembra niente… ma ti cambia tutto”. Quando smetti di spingere, e qualcosa comincia a muoversi

  • Immagine del redattore: Paolo
    Paolo
  • 12 giu
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 5 giorni fa

Persona in camicia bianca seduta alla scrivania in un ambiente luminoso e ordinato. Si sta stiracchiando con le braccia in alto, in un gesto di rilascio e sollievo. Lo sfondo trasmette calma, spazio mentale e un momento di pausa consapevole.

Ci sono giornate in cui tutto funziona.

Hai portato a termine quello che dovevi.

Hai retto l’urto. Hai risposto, risolto, consegnato.

Eppure… ti ritrovi a fissare il vuoto.


Non c’è crollo, non c’è crisi.

Solo un senso vago di stanchezza. Di distanza.

Come se, mentre tutto intorno continua a girare,

una parte di te avesse deciso di fermarsi.


Quella parte, spesso, è la più viva.

Quella che non ne può più di funzionare.

Che non chiede una soluzione.

Chiede solo un posto in cui essere guardata — senza urgenza.


Perché “perché sono stancə proprio ora che è finito tutto?”

non è solo una domanda. È un segnale.

Un modo del corpo per dirti: “ora puoi sentire”.


E lì può nascere anche l’impulso di cercare uno spazio come il counseling.

Non perché ci sia qualcosa da aggiustare,

ma perché sentirsi visti in quel dopo-sforzo silenzioso può cambiare tutto.

Invece di rimettersi in moto, si può restare un attimo fermi. E ascoltare.


E forse, da lì, inizia un’altra domanda:

“Perché sto facendo quello che sto facendo?”

🌿 Se ti riconosci in questa stanchezza e in questa domanda, che arrivano quando tutto è finito, potresti partire da questo post: Perché sto facendo quello che sto facendo?” Una domanda che arriva mentre tutto va avanti.


🕊️L’inizio del ritorno a sé, cambia tutto


Succede che quella crepa, con il tempo, diventi uno spazio.

Non subito. Non in modo eclatante.

Ma piano piano — quando non c’è più da correre — qualcosa affiora.


Una domanda che non avevi mai detto ad alta voce.

Un desiderio che avevi seppellito sotto la parola “dovere”.

Un dubbio che non ti chiede di scegliere,

ma solo di guardarlo senza scappare.


E lì — proprio lì — si apre un varco.

Non perché arriva una risposta,

ma perché cominci a sentirti vero mentre parli.


Perché dire “mi dispiace deludere”

non sempre vuol dire rinunciare a qualcosa.

A volte vuol dire scegliere davvero, per la prima volta.


E forse bastano poche parole.

Una frase semplice, ma autentica.

“Una frase che mi ha cambiato”, anche se non sembrava.


In counseling può succedere così:

non ti danno consigli.

Ma ti aiutano a restare in quella crepa aperta,

finché qualcosa, da dentro, prende forma.

🌿 Se hai cambiato direzione grazie a poche parole, leggi anche questo post: Una frase che mi ha cambiato”. Quando poche parole aprono uno spazio nuovo.


🌱 Conclusione


Il cambiamento, a volte, non arriva con un’urgenza.

Arriva con una pausa.

Con un gesto minimo.

Con una frase lasciata lì, che ti scava piano.


E in quel vuoto che sembrava inutile…

inizia a crescere una forma nuova.

Una presenza.

Un senso di riconoscimento silenzioso.

🌿 Se ti è capitato di sentirti ascoltatə davvero — anche solo una volta — potresti ritrovarti anche in questo post: Mi sono sentito ascoltato, davvero. Quando qualcuno ti fa spazio, cambia tutto


Avatar counselor SecondaTappa – dialogo autentico nei momenti di transizione personale e professionale

 A volte serve solo un piccolo spazio per fermarsi. E sentire che qualcosa, dentro, sta cambiando.


💬 Se vuoi sapere qualcosa in più su di me lo trovi qui →  [Chi Sono].

🟡 Se questo post ti ha toccato, sentiti liberə di scrivermi in chat.

Un grazie sincero per il tempo che hai dedicato a questa lettura. Paolo


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✨Questo blog fa parte di SecondaTappa, lo spazio di counseling online pensato per chi attraversa momenti di passaggio, scelte difficili o confusione interiore.
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